Il mare d’inverno

Selvaggio e livido, furente nella sua schiuma, vigoroso nell’infrangersi contro la spiaggia compatta e fredda dell’inverno, questo mare aveva i lembi orlati di bianco, sfumature grigiastre che riprendevano le tonalità del cielo plumbeo e cupo, momenti in cui ci si sentiva esuli dal proprio mondo, soli anche se così non era.
Con me, in quel giorno di calma e riflessione, c’era Ludovico, il compagno più sincero che avessi mai avuto al mio fianco.
Sapevamo entrambi che non ci era mai capitato di osservare quel mare in inverno, e per questo avevamo scelto di scoprire quella nostra prima volta insieme, prendendoci un pomeriggio in cui contemplare l’infinito sfumare del cielo all’orizzonte lungo i bordi di quel mare che sembrava un unico tratteggio di matita su una carta liquida e trasparente.
A cosa pensi Marty?
A nulla Ludo, nulla che non sia la meraviglia di questo mare.
Se vuoi possiamo parlare di quella cosa, di quel momento…
Non ti devi preoccupare, ormai è passato e non voglio più tornarci, sto bene.
Si riferiva, senza dover tacere a chi mi legge di questa cosa, a quando da piccola avevo rischiato di annegare, perché un’alga o non so bene cosa mi si era avvinghiata attorno al mio piede di bambina e non riuscivo più a divincolarmene per tornare a respirare. Un piccolo incubo che aveva condizionato senza mezze misure la mia vita, portandomi a temere il peggio e a guardare immobile da sott’acqua la superficie increspata del mare di quel giorno di tanti anni fa, senza che potessi raggiungerla, se non chiamando aiuto con una mano che a fatica usciva dall’acqua. Fu mio padre a divincolarmi gamba e piede da quell’insolita alga che si era attorcigliata intorno al mio corpo nei pochi secondi di immersione che mi ero concessa per cercare conchiglie colorate. II pensiero del caso non i abbandonava mai, era ad ogni modo anche quello un compagno di viaggio con cui avevo dovuto imparare a convivere. L’idea che non ci fosse nessuna possibilità di sopravvivere per qualche istante mi aveva raggiunto, e quando a realizzarlo è una bambina, allora si, qualcosa nella sua vita, se quella vita poi come è stato per me riesce a protrarsi, cambia per sempre, irrimediabilmente. Cosa potevo fare, se non ripartire da qui singhiozzi, da quei sussulti del mio corpo mentre tossivo fuori quell’acqua che per poco non mi aveva uccisa? Cosa fare se non sorridere nuovamente, dopo attimi di terrore, ricominciando?
È vero però, sto bene ma non ho più immerso il mio corpo nell’acqua del mare da allora. Forse è un trauma che non ho mai superato, ma non credo che parlarne ora cambierebbe poi molto il mio sguardo. Ho cercato di vivere al meglio dopo quel giorno, e sono contenta di come sono andate le cose fino ad ora.
Pensi mai al regalo di questa nuova vita che il destino ha saputo donarti? Io ci penso sempre quando ti guardo, a cosa saresti stata se quell’incidente non si fosse verificato, e penso a una donna profondamente diversa, meno riflessiva, meno taciturna a volte (e nel dirmelo, mi sorrideva con quella dolcezza unica che mi aveva avvicinato a lui).
Certo che si, ero piccola ma ricordo molto bene lo sguardo di terrore negli occhi dei parenti e dei miei genitori. Quando riaprii gli occhi so bene quanto le loro emozioni superassero persino il giorno in cui ero venuta al mondo. È così, quel giorno ero rinata, ero rinata dal mare. Non sai quante volte ho ripensato a questi momenti Ludo, al mare che come un padre e una madre insieme mi rigenera, donandomi nuova vita. Ci penso, ci ho pensato e continuo a pensarci ora che vedo questo mio genitore, così maestoso e fragoroso, come se mi avesse aspettato oggi per accogliermi con questo concerto di scrosci e sciabordii.
Vuoi che ti lascio un po’ da sola? Posso tornare direttamente alla macchina mentre tu rimani ancora un po’ qui. È uno spettacolo unico e impagabile ma so quanto tu sia affezionata a questo tuo ex carceriere, che ti ha uccisa e dato nuova vita, tutto in così poco tempo.
Ludo, amore mio, ti ringrazio ma davvero sto bene, rimani solo qui al mio fianco. È la prima volta che lo vedo sotto questa veste, ma non per questo devo essere da sola. Voglio che mi veda, che ci veda insieme, che sappia che sto bene e che ho sfruttato al meglio la nuova opportunità che mi è stata data. Voglio che sappia che come lui mi ha donato nuova vita, così io intendo donarne, da quel giorno, a quanti come me quel giorno affrontano un momento di grave necessità. Deve saperlo, deve saperlo questo mio genitore, questo mare in inverno, che la mia vita scorre e che da me scorrerà in quanti riuscirò ad aiutare. Perché ogni volta che si torna a vivere è sempre una prima volta, è sempre un riscoprire la vita e la bellezza delle vite precedenti. Io ho voluto fortemente tornare a vivere, lo ha voluto chi mi ha portata liberata appena poco prima che il mio cuore probabilmente rischiasse di non battere più e lo ha voluto questo mare, questo splendido mare d’inverno, verso il quale non nutro rancore, solo la gratitudine di avermi regalato una vita vera e consapevole.

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Due prime volte è meglio di una!
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Sabry82, 33 anni

Io ero determinata a donare e mio padre, quasi a protezione, mi ha accompagnata...quella mattina di 14 anni fa doppia sorpresa: anche lui ha deciso di provarci! Qui siamo al nostro primo traguardo, ovviamente sempre insieme! L'emozione è stata tanta, orgogliosi l'uno dell'altro per aver cominciato e continuato questo percorso.

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Sarah Maestri per Avis e #LaPrimaVolta
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Sarah Maestri - Testimonial

La prima volta che ho ricevuto una trasfusione di sangue? Avevo due anni e mezzo. Ho dei bellissimi ricordi di quei momenti che hanno contrassegnato la mia infanzia, tra camici bianchi, esami e terapie per combattere una malattia emolitica.

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