Neve

Eravamo in gita scolastica su piste da sci innevate e magicamente silenziose. Piano piano ci eravamo avvicinati alla discesa, che si mostrava lunga e senza fine per noi, che non eravamo altro che un aclasse di piccoli apprendisti sciatori. Passata la paura per l’inizio di questa nuova avventura, osservammo incuriositi il maestro che ci mostrava come assumere le posizioni corrette per affrontare la discesa.
Alcuni preferivano non affrontare quella sfida, e restare lì seduti, o magari distesi a giocare e a fare l’angelo, ma non potevamo sottrarci dal compito, eravamo lì per imparare a sciare e dovevamo andare fino in fondo. Io ero preoccupata, per me era la prima volta che dovevo affrontare una discesa e in tutta franchezza avevo anche io una gran bella paura.
Giulia non preoccuparti, ricordati la posizione del busto mentre scendi e rimani concentrata, è facile, vedrai, per essere una prima lezione non dovrai fare altro che ripetere le mie semplici indicazioni, ti divertirai.
Sarà stato anche vero, ma ero del tutto impacciata all’idea di scendere su quella neve. Prima uno poi l’altro, tutti i miei compagni di corso iniziarono a scendere. Apparentemente sembravano tutti a loro agio, rilassati nelle loro posture e nei loro movimenti, come se fossero già stati in grado di affrontare piste anche più difficili.
Io no, io sentivo un gran tremore alle gambe e non solo per il freddo, e quel che più mi preoccupava era che mi scappava una gran pipì, perché è sempre così che succede, alla fine in queste situazioni ti ritrovi sempre e comunque a fare i conti con una grande pipì, ero piccola ma questo lo avevo già capito bene.
Una volta avvicinata al ciglio dal quale scendere, mi resi subito conto che ero rimasta l’unica che doveva affrontare la discesa. “Lo sapevi che eri l’ultima” mi ero detta, però la sensazione era diversa da quella che mi aspettavo.
Ero lì, sola, le voci dei miei amici erano lontane e il maestro era sceso momentaneamente ad aiutare Giulio e Paolo, che per evitarsi avevano finito per ruzzolare, ognuno per la sua direzione.
Presi un profondo respiro, durante il quale ripensai a tutte le cose a cui dovevo fare attenzione per non rischiare di finire col sedere per aria facendomi senza dubbio un gran male.
Presi a riferimento la giacca a vento gialla di Luca, il bambino che portava con sé sempre quegli ottimi biscotti di cereali che mi piacevano particolarmente, e senza più farmi domande inutili, mi lanciai nell’avventura della discesa! Fu un momento magico e ricco di insidie, gli sci scorrevano veloci, sentivo il cuore battermi in gola e le guance caldissime a dispetto del freddo che c’era.
Dopo un istante di follia, quello che diede il via alla mia prova, recuperai la lucidità e ripresi a concentrarmi su quanto mi aveva detto il maestro, “piega le gambe, prepara l’entrata, assicurati di mantenere il baricentro all’interno della tua figura” e via dicendo, quando a un certo punto mi resi conto che tutti quei pensieri mi stavano letteralmente facendo perdere la concentrazione, anzi, me l’avevano proprio fatta perdere!
La neve fresca era ottima per scendere in bici ma io ero alla mia prima discesa e fu proprio l’adrenalina a farmi commettere un piccolo errore, quanto bastò per farmi volare a gambe all’aria lungo la pista. Ero quasi arrivata alla fine, ma sentii le risate impietose dei miei compagni di corso che con le loro dita piccole ed esili di bambini mi indicavano e si facevano beffe del mio povero corpicino, finito per terra e con gli sci praticamente all’aria.
Tutto bene?! – il maestro era già sopra di me per assicurarsi che non mi fossi fatta male.
Si maestro, mi sono distratta e non ho più piegato le gambe.
È un errore, capita molto spesso durante le prime discese. In fondo questa era la tua prima vola, non ti preoccupare…
Fu molto rassicurante, mi rimise in piedi e mi aiuto a completare i pochi metri che mi mancavano a completare la pista. Non percepivo né vergogna né rimpianti per quell’errore, in fondo non avevo fatto nessuna brutta figura, e anzi, rispetto a quando mi sembrava che i miei compagni di corso andassero molto meglio di me, mi ero dovuta ricredere perché sul finire della pista, proprio quando ti senti arrivato, in tanti avevano finito per sbagliare.
Era forse una metafora della vita? Francamente non lo so.
Cosa avevo imparato da quella discesa? Che c’era una prima volta per tutti e che per tutti c’era un modo più o meno facile di sbagliare e ruzzolare. In fondo a tanti come me era già capitato di finire gambe all’aria, ma soprattutto a tanti di quelli che ridevano era capitato di avere la mia stessa paura. Di quel giorno ricordo però con piacere una cosa. Una volta finita a terra, mi ero ritrovata a fare proprio quello di cui avevo più voglia, immergermi nella neve, chiudere gli occhi e fare l’angelo nella neve, quella neve fresca e morbida sulla quale non volevo scivolare ma immergermi del tutto. C’è una prima volta per tutti, ce ne è una anche per fare un volo nella neve, anzi più di una, per questo è meglio imparare ad atterrare nel migliore dei modi, anche nella sfortuna o nell’errore!

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