L'umore non era dei migliori quel giorno. Il sole bruciava le case e faceva fumare le strade d'asfalto nero, ma io ero costretto come ogni mattina a presentarmi ...Leggi tutto
Il ticchettio dell'orologio
La prima volta che ho capito che un giorno sarei dovuto morire anch'io non è stata così memorabile. Non è stata un'illuminazione, è stata più una realizzazione completamente razionale che un giorno non sarei più stato a questo mondo, un semplice: ah, sì, nel 2100 andremo finalmente ad abitare su Marte? Beh, io non ci sarò a vederlo succedere.
Niente di più, niente di meno.
La prima volta che invece ho davvero compreso con tutto me stesso che un giorno sarei dovuto morire anch'io è stato un paio d'anni prima del mio trentesimo compleanno. E' stato qualcosa di quasi devastante. Non c'è stato niente di davvero razionale, ma solo una presa di coscienza totale che quando mia madre aveva raggiunto quello stesso traguardo era a poco tempo dalla sua morte. Io, alla non più tenera età di ventotto anni, mi sentivo ancora un ragazzino, e come un ragazzino mi sentivo immortale. Vivevo ogni giorno senza pensare a quello seguente e continuavo a tirare avanti senza riflettere troppo su niente. Realizzare d'improvviso quanto giovane era stata mia madre al momento della sua morte era stato qualcosa di pauroso. A ventotto anni lei era sposata, aveva già avuto me e mia sorella, viveva la sua vita in maniera serena con noi e mio padre e quattro anni dopo sarebbe morta.
Il futuro per me era qualcosa di sconfinato, ma l'improvvisa realizzazione fisica, mentale e spirituale che a quell'età per mia madre il futuro era rappresentato solo da quattro anni fu qualcosa di sconvolgente.
Quattro anni. Avrebbe potuto essere lo stesso anche per me. Quattro anni erano il tempo che avevo passato a lavorare fino a quel momento, e a guardarmi indietro sembravano quattro giorni. Il futuro che avevo davanti non era sconfinato, era qualcosa la cui grandezza era ben delimitata e poteva benissimo non essere così vasto. Il giorno dopo avrei potuto morire in un incidente. Un anno dopo avrebbe potuto essere diagnosticato un tumore anche a me. La maniera o il momento non cambiavano niente, comunque: un giorno sarei morto e capirlo davvero rendeva impossibile continuare a vivere come uno struzzo, facendo finta di non vedere la verità e vagando senza scopo.
Da quel momento in poi le cose cambiarono in molte maniere. Non riuscivo più a sopportare di vivere senza un vero motivo. Non riuscivo più a sopportare di lavorare unicamente per poi dover spendere i soldi in cose inutili. Non lo facevo nemmeno prima, ma ora solo il pensiero di sprecare nel lavoro cinquanta o sessanta ore alla settimana per poter guadagnare una miseria, vederla svanire come neve al sole e vedere relegato tutto il resto ai ritagli di tempo che mi rimanevano, mi pesava molto di più. Tutto il resto: amicizie, famiglia, passioni, erano relegate ad essere il resto. Era così che stavo utilizzando la vita che avevo? Che valore c'era in quello che stavo facendo? Che scopo? Che significato? Non sono uno che non dorme la notte per le preoccupazioni, e nemmeno allora persi il sonno a causa di questi pensieri, ma mentirei se non dicessi che la mia mente continuava a tornare a quello, all'orologio interno che tutti abbiamo e che prima o poi smette di ticchettare. Non era paura della morte quella che avevo, però. Era paura di non vivere. Quello che stavo facendo mi sembrava davvero un non vivere, e non c'era più possibilità di nasconderlo a me stesso come avevo fatto fino ad allora.
Pensai e pensai, e pensai ancora un po'.
Poi, poco prima dell'inizio del mio ventinovesimo anno di vita, lasciai la mia ragazza, il mio lavoro, il mio paese e me ne andai dall'altra parte del mondo alla ricerca di quello che davvero era la Scopo della Vita, il Significato, il Motivo per cui ero su questa terra. Che ridere. Come se tutte queste parolone con le maiuscole potessero esistere davvero. Ma me ne andai lo stesso da quello che era ormai diventata un'esistenza grigia e dalle risposte facili, ma inutili, per cercare le mie risposte, e pian piano qualcosa riuscii a scovare. Non ho ancora finito di esplorare e di scoprire, ma alcune cose mi sono diventate chiare, senza però l'arroganza di pensare che siano delle verità assolute. Questo comunque non toglie che ogni giorno ripeta a me stesso:
Non esiste uno Scopo o un Significato della Vita. Esiste, forse, il tuo Scopo e il tuo Significato. Ma nemmeno quello è sicuro. Quel che è certo è nessuno verrà a offrirtelo su un vassoio d'argento: devi essere tu ad andartelo a cercare, seguendo la tua strada, con le sue curve, i suoi bellissimi paesaggi, i suoi rovi e i briganti lungo la via. Oppure puoi accontentarti di quello che ti arriva, non pensare troppo, non darti troppo da fare e restare con la testa sotto la sabbia. Non ti lamentare in questo caso, però. Non azzardarti, perché te la sei cercata.
Fai quello che ami, fallo per più tempo possibile e, se riesci, fai in modo di mantenerti facendo proprio quello. Ricordati che non sono i soldi la cosa importante nella Vita: nel momento in cui riesci ad avere a sufficienza di che vivere (e mantenere una famiglia, se ne hai una) non c'è altro che ti possa servire. Non i vestiti nuovi, non lo smartphone nuovo, non la macchina nuova, non le tende nuove. Quello che devi ricordare è che la Vita è una e l'unica cosa davvero insostituibile è il tempo che hai: quando passa, passa, e non lo riavrai mai più indietro. Per questo devi impiegarlo bene e fare quello che ami è uno de modi migliori. Oltre a stare con chi ami, ovviamente. Fai in modo di avere sempre tempo per queste due cose: sono quelle più importanti.
L'altro punto fondamentale è il seguente: aiuta gli altri. Niente ha valore quanto far del bene agli altri. Anche da un punto di vista solamente egoistico, aiutare gli altri ti fa sentire meglio con te stesso in una maniera che nient'altro riesce ad eguagliare. Per me questo può significare molte cose, tra cui fare beneficenza, fare volontariato e poi la più semplice, e una delle più utili: donare il sangue. E' stupefacente quanto un gesto così piccolo possa aiutare il prossimo e quanto possa essere importante. Non costa nulla, non richiede chissà che impegno, eppure è qualcosa che può davvero essere fondamentale per aiutare un'altra persona a sopravvivere, o a vivere meglio. E quanto valore ha questo? Una cosa del genere non si può calcolare in euro o in dollari.
Ho imparato anche tante altre cose, in questi due anni: ho imparato che quello che diceva Jack London sulla felicità, e cioè che è reale solo se condivisa, è quanto di più vero possa esserci. Ho imparato che per tenersi in forma correre su di una spiaggia tropicale supera alla grande qualsiasi altro tipo di allenamento. Ho imparato che non c'è niente di più eccitante che girare il mondo e conoscere nuovi posti e nuove persone. E ho imparato che, per quanto eccitante sia, casa tua ti mancherà sempre. Ho anche imparato che mangiare troppo cocco mi fa male alla digestione, ma quello è un altro discorso.
La morale di tutto questo?
La prima volta che ho capito davvero che sarei dovuto morire mi sono spaventato.
La prima volta che ho capito che questo significava solo che nel frattempo dovevo vivere, è stato invece come aprire gli occhi dopo un lungo sonno. Nient'altro che questo mi era richiesto, dopotutto. Vivere, non esistere.
E' quello che sto tentando di fare da allora.
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