Maranello

La prima volta che sono uscito con una Rossa non me la dimenticherò mai. Le luci della sera portavano il giorno verso il crepuscolo, eravamo arrivati tardi per la visita di Modena e dintorni, ma alloggiavamo vicino a Maranello e così decidemmo di anticipare parte della visita, quella al Museo della Ferrari. Una volta arrivati lì, rimasi estasiato da quanto piacevole e caratteristico fosse il museo e tutto lo spazio ad esso antistante. Ferrari di un rosso fiammante brillavano alle luci del crepuscolo, infiammando la nostra passione che si impennava di volta in volta sempre di più, a mano a mano che i giri del motore lanciavano la loro personale scalata alle marce. Eravamo tutti molto emozionati all’idea di carezzare finalmente quelle carrozzerie che per noi avevano fatto la storia dell’automobilismo, ma ancor di più i nostri cuori furono presi in una morsa nel sentire quei motori roboanti e rombanti che bruciavano carburante e sprigionavano cavalli su cavalli di potenza.
Non resistevo, non volevo limitarmi a una semplice visita, volevo guidare uno di quei bolidi che da sempre avevo ammirato, quasi annusandone l’odore di carta che assumevano nelle riviste specializzate di automobilismo.
“Ciao ragazzi” dissi agli altri, salutandoli con un sorriso, e salii su una di quelle Rosse da urlo, in compagnia di un istruttore e di tutti i suoi premurosi accorgimenti per gestire al meglio la sua prediletta. Una volta lanciata l’auto, fu un sogno a occhi aperti. Una guida dolcissima, una potenza esplosiva gestita con la massima affidabilità da una tecnologia e un design che avevano fatto la storia delle corse. Eccomi lì sulla mia Rossa, finalmente arrivato all’appuntamento che avevo sempre sognato e aspettato.
Quanto durò il test drive? Poco, forse meno di un quarto d’ora, ma le grida del motore, la brillantezza della macchina e la potenza sprigionata erano tali da non lasciarmi nessun dubbio, stavo realizzando davvero un sogno e poteva durare un minuto come un’ora, avrei comunque provato delle emozioni irripetibili.
I tornanti, le curve, l’incedere della Ferrari perfetta e a suo agio nella velocità, i consigli dell’assistente che mi guidava nella scoperta di questa vettura, erano brivido ed emozione a fior di pelle, veri momenti di passione esplosiva. Ripensavo romanticamente ai primi giri con la Fiat 126 del nonno, quando appena patentato mi prestava la sua utilitaria per andare alle prime feste, e ripensavo anche alle prime storie di gare di Formula 1, vissute accovacciato davanti alla televisione del salotto, così come mi tornavano alla mente le prime serata universitarie, seduto dietro alla 500 che mi avevano regalato i miei genitori per l’università, a chiacchierare con la mia ragazza di come la vita ci stesse regalando alcuni dei suoi momenti migliori. Fioccavano i ricordi lungo le strade di Maranello, mentre il giro di prova si avviava verso la conclusione, e provai anche un brivido quando ebbi l’impressione che quell’indomabile macchina del tempo stesse cercando di disarcionarmi, quando svoltando a sinistra per l’ultimo rettilineo avvertii una leggera scossa dalle gomme posteriori.
“È tutto normale” – mi dicevo – “tutto come avresti potuto prevedere. Stai guidando una Ferrari, è normale perdere la testa, perdere il controllo, al resto ci pensa lei”. Chissà che espressione dovevo avere in quei momenti, e chissà quanto se la rideva il co-pilota che mi indicava serafico e pacato dove svoltare e con che marce prendere ogni singola curva…
Al mio arrivo ero cambiato rispetto a quando ero partito; pochi minuti, ma quella prima volta aveva realizzato tutta la passione che scorreva nelle mie vene, l’impeto delle mie pulsioni motoristiche ma soprattutto il mio amore per la velocità, per quella forza generatrice che nasceva da un delicato equilibrio tra meccanica, elettronica, design. Gli altri erano entrati nel museo nel frattempo, così mi ero fermato a guardare ancora, instancabile, le altre rosse che partivano eleganti e sinuose nelle luci del tramonto. Il rosso sfumava verso la fine del viale, come un amore che non aveva confini o barriere, puntando dritto all’orizzonte e al futuro, come una storia iniziata più di mezzo secolo prima, in cui ogni partenza era un nuovo inizio, una “prima volta”.
Mi piace pensare che ci sia un legame tra la donazione del sangue e queste emozioni, amo l’idea che un sogno come questo si possa avverare, passando dal mio sangue a quello di chi mi legge e contagiare con la stessa passione chi vuole affrontare con nuovo slancio le sfide sempre nuove della vita. Io lo faccio seguendo la mia passione per i motori, una passione Rossa, una passione vissuta sul filo del centesimo, un sogno che si rinnova di volta in volta, che sia davanti alla tv, leggendo una rivista, o provando dal vivo il brivido dell’accensione di quei bolidi rosso fiammanti, come in questa mia storia.

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Due prime volte è meglio di una!
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Sabry82, 33 anni

Io ero determinata a donare e mio padre, quasi a protezione, mi ha accompagnata...quella mattina di 14 anni fa doppia sorpresa: anche lui ha deciso di provarci! Qui siamo al nostro primo traguardo, ovviamente sempre insieme! L'emozione è stata tanta, orgogliosi l'uno dell'altro per aver cominciato e continuato questo percorso.

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Sarah Maestri per Avis e #LaPrimaVolta
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La prima volta che ho ricevuto una trasfusione di sangue? Avevo due anni e mezzo. Ho dei bellissimi ricordi di quei momenti che hanno contrassegnato la mia infanzia, tra camici bianchi, esami e terapie per combattere una malattia emolitica.

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