Il primo amore di bambina

Giocavamo insieme in spiaggia. Francesco aveva solo un anno più di me, ma io lo vedevo come un adulto. Aveva occhi blu, capelli castani e un sorriso che mi metteva di buonumore anche quando ero arrabbiata. Solo che io stavo a Firenze e lui a Parma, e il giorno in cui ripartì piansi senza sosta. Non mi divertivo più a saltare tra le onde, non mi piaceva più il ghiacciolo, insomma ero disperata! Le mie vacanze non avevano più senso, il mare mi sembrava di un blu triste, il cielo era sempre nuvoloso e minaccioso.
I miei le provarono tutte: mi portarono al cinema, mi comprarono un nuovo pelouche, mi fecero conoscere altri bambini, ma fu tutto inutile. il mio piccolo mondo era finito.
Tanto piansi e tanto supplicai che qualche mese dopo decisero di programmare un viaggetto a Parma. E per me fu come se il sole fosse tornato a splendere. Quando rividi Francesco, il cuore mi si fermò, e per la prima volta nella mia vita mi preoccupai di avere i capelli a posto. Ero innamorata!
Trascorsi tutta la giornata con lui, a guardare le sue figurine e a giocare con i suoi Lego. Ogni volta che ripenso a quelle ore spensierate mi viene da sorridere. Avevo scoperto la felicità.
Poi diventai adolescente, e poi donna. Conobbi molti altri ragazzi, che mi piacevano e con i quali stavo bene. Ma non riuscii mai più a riprovare quella sensazione di leggerezza, di ebbrezza e di gioia che avevo provato mentre attaccavo le figurine all'album, stesa su un tappetino in un appartamento di Parma.
Fino all'incontro con Paul. Capii che era quello giusto perché quando mi guardò avvertii un brivido di felicità. Nulla che ai potesse spiegare. Rividi il sole tra le nuvole e sentii il cuore fare su è giù. Era come 25 anni prima, in spiaggia, con i sorrisi, la musica e la voglia che quella giornata non finisse mai. Trascorremmo momenti belllissimi, chiacchierando, ridendo, prendendoci in giro, scoprendoci reciprocamente con l'amore fisico e mentale che ci aveva resi complici. Mi lascia andare come non avevo mai fatto, raccontandogli tutto di me, e chiedendo di lui. Mi sentivo di nuovo felice, e avrei dato non so cosa per restare con lui lì, per sempre.
Ma ero adulta, adesso. I miei genitori non mi avrebbero mai portata fino a Los Angeles, dove lui viveva. E dove aveva una moglie e due figlie. La nostra storia non era possibile, era sbagliata, non poteva continuare. Ci salutammo con le lacrime agli occhi, ci scrivemmo a lungo, corteggiandoci per lettera, per fax e per email, con frasi tenere e appassionate. Ma non ci buttammo mai su un tappeto a giocare. Eravamo adulti, con un lavoro e delle responsabilità, non c'era più spazio per i sogni, le canzoni, gli attimi di ebbrezza e i sospiri pieni di significato. Andai avanti, mi concentrai sugli uomini che vennero dopo, mi fidanzai, mi lasciai, mi fidanzai di nuovo. Soffrii e feci soffrire, pensai, rifiutai, abbandonai, ricominciai.
Era la vita, che proseguiva spinta dagli eventi e dalla realtà. Implacabile, crudele, inarrestabile. Era il mondo reale, dove non c'era spazio per le favole e per i giochi. Le regole erano cambiate, e piano piano anche le lettere, le email e i fax non arrivarono più. Il mio romanzo d'amore non aveva avuto il lieto fine, come era normale che fosse nel mondo degli adulti.
Ho ancora, in mezzo al diario, una delle figurine che mi regalò Francesco. E nella pagina seguente il biglietto della festa cui partecipai assieme a Paul. Sono un po' spiegazzati, resi fragili dal tempo che è trascorso, ma per me hanno un valore inestimabile. Quando li tengo tra le mani, ho di nuovo 5 anni. Indosso un costumino rosa, i capelli mi svolazzano qua e là, il ghiacciolo mi ha reso le mani appiccicose e guardo verso il mare con il sorriso ingenuo e fiducioso di chi ha appena conosciuto l'amore.
Ogni tanto, mi metto a occhi chiusi e ripenso a me e a loro. Non bastano le foto, perchè nelle foto non c'è l'odore, il rumore, il loro modo di muoversi, la voce e l'atmosfera intorno a noi. Sono diventata una persona cinica e realista, totalmente immersa nella realtà, a contatto con eventi veri e tangibili. Mi serve, ogni tanto, un tuffo nelle sensazioni che provavo quando mi innamorai per la prima volta. Metto su un brano romantico, mi stendo sul letto, penso, sogno, immagino... E so che quello è stato l'amore più puro, più intenso. Non avevo ancora imparato a fare i calcoli, non avevo ancora scoperto la gelosia, l'insicurezza, il dolore... Era solo tutto bello, nuovo, colorato e profumato.
Il bacetto che Francesco mi diede mentre tornavamo verso l'ombrellone fu goffo e impacciato, ma fu il più tenero che abbia mai ricevuto. Ecco, come mi voglio sentire, quando mi accorgo di essere troppo immersa nel mondo reale: stupita, ottimista, priva di paure e di dubbi. Con un costumino rosa macchiato di ghiacciolo alla menta e una paletta in mano per fare un castello di sabbia.
Non voglio mai perdere quella bambina, voglio continuare a sperare. E non sarò mai sconfitta dalla tristezza della cosapevolezza fino a che avrò tra le mani quei due ricordi dolci e dolorosi.

Il primo amore di bambina
Angela Kedi Giulietti

Un costumino rosa, un ghiacciolo, un bacetto, e poi, da adulta, un solo amore che regge il confronto con la passione di bambina.

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