C'era una volta, la prima volta

C’era una volta, la prima volta. La prima volta che presi in mano un libro e cominciai a leggere avevo 4 anni. Non che la lettura debba spaventare ma una bambina che si ritrova davanti tutti quei segni indecifrabili prova un po’ di timore, misto a curiosità. Eppure il desiderio di condividere con mio fratello più piccolo un dono fatto di tempo, parole e amore, come quello che mi faceva mia mamma ogni sera, era più forte della mia incapacità di decifrare quei segni. E così, pur non sapendo leggere quei ghirigori neri su carta, cominciai a scorrere le pagine della mia fantasia con un libro aperto tra le mani. La mia voleva essere una carezza fraterna prima del buio che fa così tanta paura ai bambini, come la faceva a me: una buona storia e qualcuno che te la racconta con amore sono capaci di infondere coraggio, di rilassare e far chiudere gli occhi per affrontare l’ignoto della notte, magari accompagnato da qualche bel sogno. Proprio per questo, a 26 anni, non potrei che raccontare così la prima volta.
“C’era una volta, la prima volta. Prima Volta era una fanciulla bellissima, anche se nessuno l’aveva mai vista. Si diceva avesse lunghi capelli corvini, raccolti in una treccia che le cingeva i fianchi morbidi. Prima Volta amava decorare quegli incontri di ciocche scure con dei fiori variopinti che raccoglieva dal suo giardino incantato. Le sue mani erano piccole e la sua figura minuta ma Prima Volta aveva un cuore grande ed accogliente come il suo sorriso luminoso. La pelle candida risplendeva di luce, una luce talmente forte che si poteva confondere con quella del Sole e della Luna. Prima Volta viveva sulla Terra e precisamente in una casetta sperduta nel bosco di “Mai e poi mai”.
Prima Volta era cresciuta forte e solare tra le braccia di Mai Più, una ninfa del bosco e, nonostante tutti i “mai più” e i “mai e poi mai” pronunciati dalla sua compagna, non c’era cosa che Prima non sperimentasse, almeno una volta. Per fortuna Mai Più, richiamata dalla luce che la pelle della ragazza sprigionava, riusciva sempre a trovarla prima che la piccola si mettesse nei guai, buttandosi dalla cascata o ferendosi con le spine delle rose. Dopo lo spavento e la corsa affannosa per raggiungerla prima che fosse troppo tardi, Mai Più si avvicinava alla piccola, la prendeva per le mani e le spiegava perché mai e poi mai avrebbe dovuto fare quella cosa o perché non l’avrebbe dovuta fare mai più. Altre volte invece lasciava che Prima provasse qualcosa di nuovo e spesso quella luce di bambina, dopo la nuova esperienza, era solita correre incontro alla sua Mai Più, sorridendo e urlando: “Mai Più, Mai Più, voglio farlo ancora!”.
Prima Volta cresceva tra le braccia di Mai Più e l’entusiasmo dei propri ancora. Con il tempo, però, Prima cominciò a sentire che le mancava qualcosa e così, un giorno, chiese a Mai Più: “Mai Più perché non ci sono altre come noi? Perché non posso giocare con qualcuno come me?” E Mai Più, visibilmente scossa, le rispose: “Per favore Prima, non farmi mai più questa domanda”.
Prima ascoltava sempre i consigli di Mai Più ma negli anni aveva custodito quella domanda nel cuore, una domanda la cui assenza di risposta le stava togliendo la luce da dentro. Mai Più se n’era accorta e così, nel giorno del ventesimo compleanno di Prima, quando ormai rimaneva solo uno spiraglio di luce in quell'anima candida, aveva deciso di non nascondere più la verità. La raggiunse nella sua stanza, si accoccolò con lei sul letto e, accarezzandole i lunghi e setosi capelli neri, le raccontò per la prima volta la storia che si portava nel cuore da sempre.
“C’era una volta, mia piccola grande Prima, un ragazzo buono e cordiale, un giovane re. Un giorno incontrò una ninfa del bosco e se ne innamorò perdutamente. Era la prima volta che questo ragazzo provava un sentimento così forte, talmente profondo e sconvolgente da fargli paura. Lui voleva amare la ninfa ma le sue paure glielo impedivano. La ninfa aveva intuito la sua insicurezza, così cercava di abbracciarlo con lo sguardo e accarezzarlo con le parole ma lui continuava a trattarla male. Il giovane re non si faceva abbracciare, eppure non riusciva a starle lontano. All'ennesimo rifiuto, la ninfa gli lasciò una lettera: "la prima volta che senti il tuo cuore battere, fa paura. Non sei l’unico, anch'io ho paura. La paura fa bene ma bisogna affrontarla, se no ci toglie la luce e ci rende ciechi alla vita. Meriti amore ma lo merito anch'io. Sai dove trovarmi ma torna solo quando il tuo cuore avrà uno spiraglio per me e insieme apriremo un varco".
Il ragazzo che non aveva voluto parlarne con nessuno, interpretò quella lettera come un rifiuto. La sua paura di amare lo accecò ancor di più e si trasformò in rabbia, così la raggiunse nel bosco in cui si erano incontrati la prima volta e le urlò che non voleva vederla e che non si sarebbe innamorato mai più. Dal quel giorno visse nel suo dolore e decise, in qualità di re, di imporlo a tutti.
“Mai e poi mai nessun suddito dovrà entrare nel bosco di "Mai e poi mai" a raccogliere frutti e fiori. Ogni pianta, ogni ruscello, ogni albero di quel bosco è maledetto e custodisce un veleno che acceca a vita”. Da quando il comitato reale dei “Cuori in gola” aveva decretato il divieto assoluto di entrare in quel bosco, mai e poi mai nessun uomo aveva osato avvicinarsi a quel luogo maledetto. Il comitato reale dei “Cuori in gola” era un gruppo di anziani signori ben vestiti ed erano tutti ciechi, o meglio, dicevano a tutti di esserlo diventati dopo esser entrati nel bosco di “Mai e poi mai” e, per questo, venivano inclusi nel comitato. Era strano che quel bosco, da sempre frequentato e fonte di sostentamento per gli abitanti del regno, improvvisamente potesse custodire una maledizione simile. Ma si sa, i membri del comitato godevano di grande autorità e influenza proprio perché erano stati eletti dal re di quelle terre.
Gli anni passarono, la luce che riscaldava quel regno si spegneva di giorno in giorno, i frutti e i fiori del bosco di “Mai e poi mai” crescevano senza essere raccolti, tutti avevano imparato a portare la paura nel cuore e nessuno osava oltrepassare quel confine buio, per paura di rimanere accecato. Il giovane re, nonostante la sua età, cominciò a invecchiare rapidamente: portava una lunga barba bianca, il suo viso era attraversato da rughe profonde e per questo tutti cominciarono a chiamarlo Nonno Farlo.
In una capanna di questo triste regno, però, c’era un bambino che cresceva felice, allevato dalla sorella Speranza. Speranza era una dolce contadina cieca dalla nascita, concepita prima che il divieto reale portasse nei cuori di tutti la paura buia. Mai e poi mai la paura aveva albergato nel suo cuore e per questo Speranza continuava a nutrirsi di nascosto dei frutti del bosco di “Mai e poi mai” e vi portava il fratello Coraggio a giocare, anche dopo che il re Nonno Farlo ne aveva severamente vietato l’accesso.
Proprio in questo bosco, qualche anno dopo, Coraggio si innamorò di una ninfa e da quell'amore sei nata tu, Prima. Purtroppo Nonno Farlo, che vagava ancora nel bosco di “Mai e poi mai” in cerca di frutti, fiori e un po’ di luce, scoprì tuo padre e Speranza che ti cullavano vicino alla cascata del bosco. Di fronte a tutta quella luce che i loro cuori generosi sprigionavano, Nonno Farlo si ricordò della Prima Volta in cui anche il suo cuore era stato scaldato da una simile energia ma in lui la rabbia, la paura e i rimpianti accecarono quel barlume di amore. Così, furioso, si scagliò contro di loro, ti strappò dalle loro braccia e li bandì dal regno.
Siccome non poteva correre il rischio che tutti vedessero la verità, decise di nasconderti nel bosco di “Mai e poi mai” vicino ad un albero dove sapeva che la sua ninfa tanto amata in passato - e forse ancora - si recava ogni giorno a raccogliere i frutti succosi. Fu così che 20 anni fa ti ritrovai accanto a quella pianta e decisi di farti crescere con tutto l’amore che provavo ancora nel cuore e di non lasciarti andare mai più”.
Mai Più cominciò a piangere e Prima l’abbracciò. Improvvisamente la sua luce si fece sempre più forte, quasi accecante. Era la prima volta che vedeva la sua cara compagna piangere ma soprattutto era la prima volta che capì chi fosse veramente, grazie al coraggio di Mai Più nel raccontarle la propria, la loro storia.
“Mia adorata Mai Più, grazie per l’amore che mi hai sempre dimostrato, non solo ora. Le tue parole hanno riacceso nel mio cuore una nuova speranza: ora so da dove vengo e voglio tornarci, consapevole della persona che mi hai fatto diventare. Ho paura, lo ammetto, non ho mai vissuto al di fuori del bosco di "Mai e poi mai", non ho mai conosciuto altri esseri come noi, non ho idea di cosa ci sia fuori di qua ma so che è giusto affrontare questa avventura. Questo regno ha bisogno di luce e amore”.
Mai Più tremò a queste parole ma sapeva che non poteva impedire alla sua amata bambina di vivere e non poteva farlo neanche con se stessa. Così non la fermò ma decise di prenderla per mano e accompagnarla in quel luogo che Prima non conosceva: insieme avrebbero affrontato il regno buio degli umani.
Tra molti mai più e tante prime volte, sempre mano nella mano, le due riuscirono ad uscire dal bosco di “Mai e poi mai” e così, in quel regno buio, arrivò un raggio di sole che si chiamava Prima Volta. Gli abitanti, richiamati da quella luce, uscivano dalle loro case coprendosi il volto a causa di tutta quella luce improvvisa ma allo stesso tempo attratti da quel calore nuovo.
Nonno Farlo, impaurito e con il cuore in gola, convocò d’urgenza il comitato reale per organizzare la difensiva ma tutti quei vecchietti si erano talmente abituati a fingere la cecità che c’era chi non vedeva dove fossero le ciabatte, chi sbatteva contro la porta e chi cadeva ripetutamente. Il comitato dei “Cuori in gola” non riuscì così a raggiungere il palazzo in tempo per fermare Prima.
Di fronte a tutta quella folla di sconosciuti Prima si sentì mancare, la voce si fece flebile e la sua luce pian piano iniziò a spegnersi. Allora Mai Più la prese per mano e le disse nell'orecchio: “Mia dolce Prima va bene sentirsi impauriti, è umano ma non bloccarti: guarda in faccia quello che ti spaventa e sorridi perché sai che lo puoi affrontare, come hai fatto nel bosco ogni volta che ti sei sentita così”. Prima le strinse la mano forte forte, respirò profondamente e per la prima volta parlò dinnanzi a tanti uomini come lei.
“Voi non mi conoscete, mi chiamo Prima Volta, sono nata tra le braccia di Coraggio e sono stata cullata da Speranza. Vengo dal bosco di "Mai e poi mai": lì sono stata cresciuta per 20 anni da questa ninfa amorevole che mi ha nutrita con tutto il suo amore, un amore che il vostro re, tanti anni fa, ebbe paura di vivere. Per questo vietò a tutti di entrare nel bosco e di nutrirsi dei suoi fiori e frutti: la paura che l’aveva accecato, gli tolse e vi tolse la luce e il nutrimento. Io sono qui perché sento che la paura di questo regno ha bisogno di essere affrontata, sono qui per prendervi per mano e accompagnarvi per la prima volta nel bosco. Anch'io avevo paura quando qualche giorno fa decisi di andarmene da lì ma ora vi posso dire che sono felice di non aver rinunciato al mio viaggio, per quanto difficoltoso”.
Gli abitanti del regno, dopo un iniziale sgomento e l’incapacità di guardare direttamente la ragazza perché abbagliati dalla sua luce, cominciarono a sentirsi fiduciosi e allontanarono le braccia dagli occhi, abituandosi gradualmente a quel bagliore nuovo. Tutti ascoltavano Prima senza fiatare, nessun vociferare, nessun rumore, niente.
Prima non sapeva come interpretare quel silenzio generale: anche Nonno Farlo era presente all'incontro e non osava parlare. Ascoltava assorto le parole di quella giovane ragazza coraggiosa, guardava il suo antico amore e dentro di lui cominciò a scorgere lo spiraglio di un sentimento mai assopito, proprio quello spiraglio che anni fa Mai Più sperava di trovare. Nonno Farlo aveva paura di avvicinarsi: cosa avrebbero detto i suoi sudditi? come avrebbe reagito Prima? cosa avrebbe fatto la sua Mai Più? Il re aveva paura di farsi vedere per la prima volta per quello che era veramente. Il suo orgoglio gli diceva: “Non farlo!”, eppure sentiva in ogni fibra del suo essere che non era più il tempo del buio, non era tardi per provare a vivere quella luce che mai e poi mai avrebbe immaginato di ritrovare. Così, tremante ma fiducioso, si avvicinò a Prima Volta e, guardandola negli occhi, pianse e l’abbracciò.
In quell'esatto momento anche le ultime nubi sparirono dal cielo, il sole fece di nuovo capolino e dal bosco di “Mai e poi mai” si cominciarono a sentire i versi degli animali: per la prima volta gli abitanti del regno percepivano suoni e colori.
Da quel giorno il regno fu illuminato, il bosco di “Mai e poi mai” cominciò ad essere esplorato e il re Nonno Farlo e la sua ninfa non si lasciarono mai più. Gli abitanti impararono a vivere in equilibrio tra la luce del coraggio mattutino e la paura del buio notturno, accompagnati dalla speranza della principessa Prima Volta che aveva regalato a tutti loro la propria storia, un dono fatto di tempo, parole e amore. E tutti vissero felici e contenti - si spera - ma in ogni caso vissero, finalmente".

C'era una volta, la prima volta
Giuliana Tumia
26 anni

Raccontare la prima volta come fosse una favola, un gesto d'amore di una sorella al fratello perché possa affrontare il buio della notte. Non importa di quale prima volta si tratti, la prima volta fa paura a tutti ma tutti ci passano e hanno il loro "c'era una volta, la prima volta", un dono da raccontare e raccontarsi. La Favola della principessa Prima Volta ci porta per mano nel viaggio interiore per uscire dal bosco di tutti i nostri "Mai e poi mai", affrontando pau

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