2015: odissea dentro me stessa!

Non conto più le volte in cui ho maledetto quest'anno così spigoloso: duemilaquindici, anche solo pronunciarlo mi risulta impervio... I suoni si perdono dentro le anse profonde delle "u", facendo acrobazie come il più abile degli skaters che sale e scende nella pista. E che dire del giro della morte di una "q" che si è data piuttosto da fare? E' come se fossi montata per la prima volta sulle montagne russe, considerando il fatto che tende a spaventarmi anche solo la velocità di un bruco mela! Da gennaio a giugno ho vissuto un graduale e progressivo salire. Non se ne vedeva la fine, la lentezza e la fatica con cui il vagone percorreva il binario erano estenuanti. Ma l'accelerazione della discesa ripida e turbinosa che luglio ha portato con sé è stata altrettanto sconvolgente.
Nonostante i miei 31 anni suonati, nonostante la mia storia di vita vivace e originale sin dal suo inizio, ho avuto la conferma di quanto siano sciocchi tutti questi "nonostante" che danno per scontate una maturità e profondità intrinseche. Moltissime esperienze dei mesi trascorsi si sono rivelate "prime volte" significative, sebbene (...sinonimo di nonostante, difficile sfuggire a questa trappola mentale!) in mezzo al dolore, allo smarrimento e alla paura ci fossi già passata. Mi chiedo allora cosa è stato a fare la differenza, a rendere il tutto talmente astruso da meravigliarmene così tanto. A volte mi rispondo: "Beh, probabilmente l'accumulo seriale di una disavventura dietro l'altra, senza tregua; alcune sufficientemente classiche e prevedibili, altre decisamente fuori dall'ordinario". Oppure rifletto sull'essere stata colpita in punti deboli e punti presunti forti che abbracciano l'intera visione della mia vita e per questo particolarmente minacciosi e destabilizzanti.
Qualunque sia la teoria che decido di sposare, mi reputo colpita ma non affondata. E' la prima volta, durante questo susseguirsi di giorni, in cui sento di avere voglia di riabilitare in qualche modo l'anno quasi trascorso. Meglio: di rileggerlo sotto luci alternative a quelle che lo hanno illuminato fino ad oggi, per attribuire dignità e valore al viaggio percorso e magari sciogliere qualche nodo di rabbia che non permette al tempo e alle emozioni di fluire in modo utile. Dopo tutto perfino la tanto temuta "q" citata prima, avvitata su se stessa, possiede una via d'uscita, uno scivolo tangente, un ponte verso suoni nuovi.
Quest'anno, per la prima volta, riesco a contare sulle dita delle mani (fortunatamente tutte e due) le occasioni, i periodi e i momenti che secondo i miei canoni posso definire felici o se non altro di svolta. Emergono come isole immerse nel resto del mare dei giorni che li circondano. Se finora mi sembrava una considerazione di cui rattristarsi profondamente, adesso la vedo come un importante esercizio di memoria, impregnato di serenità. Un po' come quando capita di parlare coi nonni della loro gioventù: quante volte ci stupiamo della loro capacità di ricordare perfettamente le date precise di certi avvenimenti della loro vita, a fronte della dimenticanza di moltissime altre informazioni che a rigor di logica sarebbero più semplici da tenere a mente, tipo il nome dei nipoti! Eppure, quelle fotografie stampate nella testa e nel cuore racchiudono scrigni preziosi: l'essenza di ciò che vale la pena ricordare e portare con sé, tutto quello che si distingue dall'anonimato piatto e ripetitivo della routine. Ecco, non mi era mai capitato di ripensare ad un anno intero e circoscriverne così precisamente le occasioni che come ancore di salvezza mi hanno tenuto a galla. So dove posso poggiare i piedi e saltellare in equilibrio precario.
Un'altra prima volta potente è stato l'incontro ravvicinato con la finitezza del mio fisico. In questo caso la metafora che trovo più calzante è quella del super eroe: se fino a qualche mese fa indossavo (consapevolmente) il costume da wonder woman, ho dovuto necessariamente dismetterlo per lasciare spazio a me stessa. L'umana sotto il guscio, quella che nella vita di tutti i giorni crede di non essere un granché senza il suo mascheramento. Come nella peggiore delle saghe, il ruolo da eroina ha tirato troppo la corda finché qualcosa si è spezzato. Guardarsi davvero senza poter più sfuggire ai segnali evidenti e ai reclami giustificati del proprio corpo ignorato per troppo tempo; toccarsi con timore, lasciarsi maneggiare senza ritegno, sentirsi sballottati dentro e fuori, dirsi "basta, è veramente finita" ma non cedere alla rassegnazione, ricostruirsi un futuro diverso da quello tante volte immaginato, farsi domande nuove... Giungere, per la prima volta, a considerare sul serio l'opzione del rispetto di se stessi come forma di amore e strada più percorribile per il futuro.
Le avventure attraversate mi hanno avvicinato un po' di più anche al senso personale di una frase che da sempre mi accompagna ma che non ero riuscita a fare mia prima d'ora. Anzi, a dirla tutta mi suscitava non poco fastidio. Sto parlando dell'inflazionato "carpe diem, vivi il presente, stai nel qui ed ora"... Una robetta da niente insomma, figlia di millenni di filosofia! Io, questo benedetto presente, proprio non lo consideravo in sé: per me si trattava solo del tramite necessario per proiettarmi nel futuro organizzato e programmato secondo i miei desideri. O al massimo potevo servirmene come occasione di relax fra un progetto e l'altro o una finestra nostalgica verso il passato. La fregatura è arrivata quando rifugiarsi nel passato è diventato troppo doloroso e sperare nel futuro, troppo difficile e terrorizzante. La nebbia è scesa così fitta e implacabile da rendere deleteria ogni trasvolata, costringendomi ad abbracciare il famoso "oggi". Ho compreso un po' di più che nell'oggi ho "potere": posso scegliere cosa vivere e come viverlo, posso godere della compagnia degli affetti, posso ridere o piangere a seconda delle circostanze del momento, posso preoccuparmi solo di ciò che sta accadendo in diretta, posso prendere il sole o lamentarmi delle nuvole senza avvilirmi delle previsioni, posso sentire scorrere lungo la schiena il brivido più puro dato dal mantra "ora sei qui, fra un secondo chissà"... che da maledizione si è tramutato in possibilità. Epicuro non era stato così chiaro prima!
Questo non è altro che un estratto molto filtrato di ciò che il 2015 lascia impresso nella mia pelle, nelle mie ossa, nella mia anima. In una fine anno che sembra stabilizzarsi un po', che sta regalando speranze e nuove sfide, sto facendo un'ulteriore verifica: forse non si cambia mai davvero del tutto. Anche se dentro al buco nero della crisi abbiamo l'impressione che ci vengano rivelate maestose verità come quelle che ho appena accennato, anche se ci illudiamo di uscirne rivestiti di luce e ripuliti dalle vecchie abitudini, non appena intravediamo il barlume della vita di prima la tendenza a tornare lì è imponente. Come due poli di un magnete che si attraggono: il sé di sempre e il sé sperimentale. L'uno conosciuto nel bene e nel male, l'altro potenzialmente interessante ma forse più faticoso. Mi trovo in questa tappa della mia odissea: non sono del tutto la stessa di prima, non sono del tutto diversa, sto scegliendo chi essere di nuovo, per la prima volta di tutte le incommensurabili volte in cui succederà.

Finalista
2015: odissea dentro me stessa!
giulia.tortorelli
31 anni

Desidero percorrere, come un volo d'uccello, l'esperienza di quest'anno di vita così turbolento e singolare. E' stato un ostacolo continuo da affrontare e al contempo una rinascita da accettare e in cui credere. Un tentativo di riderci su, adesso che sento di potermelo concedere.

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Io ero determinata a donare e mio padre, quasi a protezione, mi ha accompagnata...quella mattina di 14 anni fa doppia sorpresa: anche lui ha deciso di provarci! Qui siamo al nostro primo traguardo, ovviamente sempre insieme! L'emozione è stata tanta, orgogliosi l'uno dell'altro per aver cominciato e continuato questo percorso.

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Sarah Maestri per Avis e #LaPrimaVolta
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La prima volta che ho ricevuto una trasfusione di sangue? Avevo due anni e mezzo. Ho dei bellissimi ricordi di quei momenti che hanno contrassegnato la mia infanzia, tra camici bianchi, esami e terapie per combattere una malattia emolitica.

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