La prima sala operatoria

Sono sempre stata una piagnucolona ,di quelle abissali , fin da piccola. Ogni minimo graffio era una lacrima, e una storta era la mia disperazione. Non correvo per non cadere e cercavo in tutti i modi di non rotolare per le scale. Senza risultato. Sbadata è il mio secondo nome. Da quando ho compiuto 18 anni ho sempre lavorato, in un posto o nell'altro, e cercavo di non mancare mai a lavoro. Pur con la febbre a 40. Da allora mia madre non si capacita di come hanno fatto gli alieni a scambiare una figlia piagnucolona con una che non mostra una smorfia neanche quando le mestruazioni farebbero piangere una statua. Tre anni fa, ho aperto con degli amici una cooperativa sociale. Giusto perchè se di lavoro non c'è allora bisogna inventarselo. Ci occupiamo di anziani e minori ed io, oltre al campo solare con più di 100 marmocchi che corrono a destra e manca, mi occupo anche di una signora caruccia caruccia a cui devo lucidare casa. L'estate passa così, si lavora e si lavora. Una settimana di ferie. Il campo finisce . Lo stress va lasciandomi alla tranquillità di un settembre non ancora impegnato. Oltre l'università ovviamente. Un bel pomeriggio bussa alla mia porta un mal di pancia maligno, di quelli che ti piegano in due come un posseduto. Per la prima volta dopo 4 anni inizio a lamentarmi. In preda al panico mia madre chiama non un dottore, ma tre, per sapere cosa fare e tutti tre hanno risposto - "Signora sarà una colica. Un toradol e tutto passa.". Ecco quando la lauree si prendono con i punti del latte. Comunque vado avanti di toradol fino al giorno successivo, quando il pomeriggio crollo per disperazione invocando tutti i santi del calendario e quelli che ancora non esistono. Decido di andare in ospedale, in ambiente ostile. Dalle mie parti si dice, meglio morire a casa che in quell'ospedale. Quindi pensate voi. La visita dura esattamente due secondi perchè al minimo contatto con il mio addome imprecavo in aramaico contro il medico, un'ecografia lampante, la febbre che sale e la camera di chirurgia d'urgenza bianca come il latte e per niente accogliente. Chissà chi c'è morto qua dentro. Quando finalmente mi attaccano alla flebo, che mi limita anche lo scrivere un messaggio, il dolore magicamente passa. Che cosa fantastica. Faccio sapere a tutti che ,sì sto in ospedale, ma che sto bene. Mia mamma torna a casa, io dormo un bel pò e penso. Ma dai che domani esco senza problema. La mattina dopo, il dolore .seppur poco torna, e il primario deve passare a farmi visita. Porca paletta e che primario. Gli sorriderei tutto il tempo anche se il dolore mi stesse uccidendo. Arrivano con lui anche le mie analisi. Cosa poteva andarmi storto? Se non questo - "ma quel coglione della notte perchè non l'ha operata? guarda qui! adesso l'apriamo e chissà cosa ci troviamo. Forza dobbiamo muoverci"- Ok. Nel giro di tre secondi sono passata da ""volevo saltargli addosso come un polipo" a " gli salterei addosso per prenderlo a sprangate sul viso" Chiamo mia madre, il mio ragazzo, i miei fratelli come una disperata, manco più il dolore fermava la mia isteria all'idea di andare in sala operatoria entro 5 minuti. Camice verde, carte da firmare, in cui diceva anche "in caso di decesso preferisce donare gli organi? " e sotto "Dona gli organi. Dopo ti sentirai meglio". Mi prendi per il culo? Comunque per chi non lo sapesse il tubo dell'anestesia è un vero e proprio tubo, una cannuccia del cazzo che ti infilano su per il braccio per farti dormire. Quando arrivo nella sala operatoria, non mi stupisco per come sia fatta. D'altronde mi son vista più puntate di Grey's anatomy che di sailor moon, quindi ero preparata, ma mi faceva quello strano effetto essere li che quasi avrei chiamato un prete per l'estrema unzione. Il pavimento era blu cobalto, la stanza tutta bianca. Avevo una luce che fissava il mio addome e carrellini di attrezzi vari che sembravo pronta per essere macellata. L'anestesista, bravuccia, mi dice di stare calma e mi chiede di fare una gara. "Contiamo fino a dieci, se vinci tu non ti operiamo, ci stai?" eccone n'altra pensai, m'ha preso per la cretina di turno che crede a babbo natale. 1,2,3 e buonanotte a me! Pregavo che facessero un buon lavoro quantomeno gli ho anche chiesto di togliermi due o tre etti di grasso già che ci sono. Ma niente. Mi sveglio tra gli schiaffi del primario, quello con cui durante tutta l'operazione ho sognato di trasferirmi su di un'isola e fare sesso selvaggio ogni mezzora. Non ne volevo sapè di svegliarmi. Cazzo sto a sognare sto bonazzo nudo, lasciatemi in pace, porca trottola! Alle 7 di sera, il dolore delle ferite, per precisione 3 ognuna con 6 punti, mi fa svegliare. Vedo tutti attorno a me in apprensione, come si guardono quel film strappalacrime, da soli a casa con una vaschetta di gelato. Sto bene dico, son viva, parlo e soprattutto ho una cacchio di fame terribile. Il sabato lo passo a bestemmiare su ogni cosa che ho per le mani a causa del dolore atroce che ho all'addome , urlando imbestialita a quei poveri infermieri che non potevano somministrarmi nulla al di fuori di acqua e sale. Come compagna di letto, una ragazzina, anche lei con l'appendice che voleva libertà e quindi operata. Ma che culo con un solo buco da tre punti. No dico io, mi chiamo Gioconda? Cazzo di sfiga. Domenica passa tra le visite dei miei familiari, anche di quelli che non si fanno vedere mai se non in punto di morte. Quando finalmente mi danno il via libera per tornare a cazzeggiare a casa mia, sono impedita in qualsiasi movimento, anche starnutire mi provoca spasmi tali da farmi prendere il calendario. Una settimana dopo vado a togliere i punti, e ancora non sono asciutti, tanto che quando me li tirano, la ferita di riapre ed io apro la testa al dottore a mo di pugni. E' passato ormai un anno, e quelle cicatrici segnano un periodo faticoso per me. Son ancora belle visibili, rosa pallido, e al tocco la mia pelle è molto sensibile. Mi ricordano che quando ho un dolore, seppur minimo, bisogna dirlo. Fosse anche solo una cacarella istantanea. Io per fare la forte , mi ritrovo con tre cicatrici, e in quella situazione, in una peritonite ultra diffusa ho rischiato davvero di donare qualche organo. Non che mi dispiaccia eh, ma meglio se restano ancora un pò con me. La mia prima volta in sala operatoria, e speriamo l'ultima, mi ha reso meno forte di quando lo ero prima. Sembra contraddittorio ma è così. Siamo fatti di carne e sensazioni, non di cemento e ci facciamo male, capita. Posso solo dirvi che in un anno son andata al pronto soccorso più volte che in 23, anche per un polso slogato.

Finalista
La prima sala operatoria
Ester Zeoli

Nella vita di ognuno di prime volte ce ne sono a bizzeffe. Il primo amore, il primo bacio, la prima delusione. Tutte ti lasciano un segno dentro, vicino al cuore che non va via. La mia prima volta di segni me ne ha lasciati, ma di quelli veri, sul corpo. Di quelli che ti guardi allo specchio e ti disgusti. Quelli che son di colore rosa chiaro. Che ti ricorderanno sempre ciò che hai passato, e che non vorresti più passare.

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Finalista

L'umore non era dei migliori quel giorno. Il sole bruciava le case e faceva fumare le strade d'asfalto nero, ma io ero costretto come ogni mattina a presentarmi ...Leggi tutto

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Ignazio Sardo, 27 anni

#LaPrimaVolta #figli #Amore #speranza #lavoro

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Due prime volte è meglio di una!
Due prime volte è meglio di una!
Sabry82, 33 anni

Io ero determinata a donare e mio padre, quasi a protezione, mi ha accompagnata...quella mattina di 14 anni fa doppia sorpresa: anche lui ha deciso di provarci! Qui siamo al nostro primo traguardo, ovviamente sempre insieme! L'emozione è stata tanta, orgogliosi l'uno dell'altro per aver cominciato e continuato questo percorso.

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Sarah Maestri per Avis e #LaPrimaVolta
Sarah Maestri per Avis e #LaPrimaVolta
Sarah Maestri - Testimonial

La prima volta che ho ricevuto una trasfusione di sangue? Avevo due anni e mezzo. Ho dei bellissimi ricordi di quei momenti che hanno contrassegnato la mia infanzia, tra camici bianchi, esami e terapie per combattere una malattia emolitica.

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